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Saturnia e Vulcania: Motonavi da Record

Mostra Digitale

00 SATURNIA 1927 TEC DWG SIDE AND CUTAWA

“I COSULICH” IMPRENDITORI DEL MARE

Nel 1852 i fratelli lussignani Antonio Felice, Gaspare e Marco Cosulich diedero il via alle attività armatoriali della loro famiglia acquistando i velieri Gloriae Marco(varati a Trieste un decennioprima) e commissionando a un cantiere di Fiume un altro brigantino leggermente più grande,l’Elena Cosulich, che portava il nome della madre. Nel 1889 i figli di Antonio Felice, Alberto, Callisto, Fausto e Marco entrarono nell’attività paterna e, su consiglio del genitore, si trasferirono a Trieste, grande emporio dell’impero Asburgico.Qua, il medesimo anno, acquistarono il loro primo piroscafo, chiamato anch’esso Elena Cosulich,al quale ne seguirono altri quattordici, con i quali praticarono soprattutto la “navigazione libera”o “tramping”. Il 1901 fu per i Cosulich l’anno della svolta; ottennero il controllo della società di navigazione Austro—Americana, fondata a Trieste nel 1894 da tre spedizionieri stranieri allo scopo di istituire una linea merci regolare tra l’Adriatico, il Nord America e il Golfo del Messico.Pur consapevoli dei rischi nello sfidare le potenti società straniere dedite al trasporto di emigranti tra Trieste e gli Stati Uniti, i Cosulich allestirono degli alloggi, seppur spartani, a bordo del piroscafo Gerty che, il 9 aprile 1904, salpò alla volta di New York. Fu il primo viaggio di linea regolare con passeggeri di quella che sarebbe poi diventata universalmente nota come Cosulich Line.La flotta di transatlantici della Cosulich crebbe in fretta, non solo numericamente. Nel 1908 giunse da Glasgow nuovo fiammante il Martha Washington,primo grande transatlantico della società a due fumaioli dotato anche di sistemazioni di lusso. Fu l’ultima unità ordinata all’estero.Nel medesimo anno, infatti, venne inaugurato a Monfalcone il cantiere di famiglia dove, il 9 settembre 1911, scese in mare il Kaiser Franz Joseph I. Con le sue oltre 12.500 tonnellate di stazza, era il più grande, moderno e lussuoso transatlantico mai varato nel Mediterraneo.A far data dal primo gennaio 1937 la Cosulich Line cessò definitivamente di esistere e la sua flotta, Saturnia e Vulcania incluse, venne trasferita alla celebre società Italia di Genova.

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“IN CANTIERE” LA COSTRUZIONE DI SATURNIA E VULCANIA

Nel tormentato iter progettuale di Saturnia e Vulcania, uno dei crucci maggiori fu la ricerca di soluzioni estetiche inedite affinché le motonavi apparissero immediatamente distinguibili dai tradizionali piroscafi, generalmente dotati di più ciminiere alte e sottili. Il fumaiolo è uno degli elementi più distintivi di una nave e per Saturnia e Vulcania ne furono presi in considerazione vari modelli alternativi; il più curioso si rivelò una riproduzione in scala della Tour Eiffel, una struttura a traliccio non dissimile da quella che, quarant’anni più tardi, esordì a bordo degli ultimi transatlantici italiani, Michelangelo e Raffaello.Poiché l’idea della piccola Tour Eiffel conferiva al profilo delle unità un’apparenza statica, venne scartata, così come quella di installare un vasto ponte di volo per permettere alla posta e a un piccolo numero di passeggeri di raggiungere la terra ferma con 24 ore di anticipo.L’aspetto di Saturnia e Vulcania risultò comunque magistralmente bilanciato, grazie alla bassa e ampia ciminiera a tronco di cono che si ergeva nel mezzo delle sovrastrutture, anch’esse ben centrate e proporzionate rispetto allo scafo. Il progetto delle due unità si dovette a Carlo Gerolimich,al tempo direttore tecnico del cantiere di Monfalcone, e al capo dell’ufficio nuove costruzioni Nicolò Cossevich, che pochi anni dopo modificò il cognome in Costanzi; egli divenne uno dei piùmagistrali e prolifici designer di transatlantici di tutti i tempi, apprezzato tanto in Italia quanto al-l’estero per le sue soluzioni geniali sia di carattere tecnico che estetico.Lo scafo della Saturnia venne costruito nel tempo record di sei mesi, tra il maggio e il dicembre 1925. Purtroppo insorsero numerosi problemi, soprattutto relativi all’installazione dei giganteschi diesel Burmeister & Wain realizzati dalla Fabbrica Macchine Sant’Andrea di Trieste e la bella nave poté essere consegnata soltanto nel settembre 1927.Questo ritardo si riflesse inesorabilmente sulla gemella Vulcania che, impostata nel dicembre 1925,entrò in servizio tre anni più tardi.

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“GLI ALLESTIMENTI INTERNI” TRA ECLETTISMO E MODERNISMO

Nel luglio del 1925 il noto architetto triestino Arduino Berlam (1880—1946) pubblicò sul periodico “L’Ingegneria” un articolo intitolato L’architettura di bordo, studio sul modo di decorare la nave passeggeri richiamando l’attenzione di Alberto Cosulich, che poco dopo lo convocò per conferirgli l’incarico di coordinare gli arredamenti di Saturnia e Vulcania.Berlam sosteneva la necessità di trovare un nuovo linguaggio architettonico per la nave, che non fosse quello adoperato per i palazzi della terraferma.Fino a quel momento, però, l’arredamento di un transatlantico si era ispirato alla rivisitazione degli stili storici, con tutta la ridondante magniloquenza dei decoratori dei manieri e delle residenze della classe benestante, indissolubilmente vincolati allo stile fin de siècle.Le grandi case d’arredo votate all’allestimento navale sviluppavano i disegni degli architetti scelti dal cliente oppure avanzavano le loro proposte, limitandosi a “rivestire” il piroscafo. La finalità era di occultare le strutture e dissimulare gli spazi affinché l’ospite dimenticasse di trovarsi a bordo di una nave, credendosi piuttosto in un castello o in un lussuoso albergo sulla terraferma.Il concorso indetto dalla Cosulich per arredare le due motonavi vide tra le prescelte alcune celebri ditte inglesi e viennesi e quella dei Coppedè di Firenze, tutte ben lungi dall’offrire proposte decorative d’avanguardia. Accanto a esse presero parte al progetto l’architetto Gustavo Pulitzer Finali di Trieste e Gaetano Moretti di Milano.Gli interventi di Berlam in prima classe si limitarono alle cabine, realizzando però interamente la seconda classe, la seconda classe economica e la terza classe. Gli interni demodé delle due unità furono attaccati dai critici più aggiornati; al rinnovo estetico della linea esterna delle due motonavi non corrispose infatti altrettanta audacia nell’allestimento dei grandi saloni di prima classe.Pulitzer Finali avrebbe completamente rifatto alcune di queste sale in chiave “Novecento” a metà anni Trenta, in occasione dei complessi lavori di rimotorizzazione effettuati a Monfalcone.

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Locandine Saturnia e Vulcania 

“I MOTORI DIESEL” LE PIU’ GRANDI E POTENTI MOTONAVI DEL MONDO

Fin dagli albori della navigazione di linea, tutti i transatlantici erano dotati di propulsione a vapore,dapprima macchine alternative che vennero poi superate, dai primi del Novecento, dalla turbina. Sebbene già prima della Grande Guerra vennero poste in servizio delle piccole unità da carico o miste con propulsione diesel, negli anni Venti pareva ancora impensabile poter sfidare gli imperiosi piroscafi sulle veloci rotte transatlantiche; per farlo servì un’audacia e un’ingegnosità davvero straordinarie, tanto che parecchie autorità del settore non esitarono a ritenerla una follia.Nel 1924, quando Saturnia e Vulcania furono ordinate al cantiere di Monfalcone, la Burmeister & Wain di Copenhagen stava costruendo i primi due diesel di una certa importanza mai realizzati,destinati al transatlantico svedese Gripsholm. Per le motonavi dei Cosulich erano previste potenze installate ben superiori, per fattori di maggiori dimensioni e velocità di servizio, ma i Cosulich vollero comunque inviare i loro tecnici in Danimarca per valutare l’opportunità di fare delle loro due nuove ammiraglie i più grandi e veloci transatlantici con apparato diesel mai realizzati.Le difficoltà furono enormi, tanto da causare un anno di ritardo sulle date di consegna previste e,una volta entrate in servizio, frequenti guasti che costrinsero Saturnia e Vulcania a numerose soste forzate per le riparazioni.Lo spirito pionieristico dei Cosulich riuscì comunque a dimostrare che il diesel era il futuro della propulsione navale; grazie alla sua compattezza rispetto al tradizionale sistema a caldaie e turbine a vapore, le motonavi poterono accogliere 350 passeggeri in più, dimezzare a 45 il numero dei macchinisti e, soprattutto, ridurre il carico di nafta a sole 2300 tonnellate. I diesel di Saturnia e Vulcania consumavano circa 100 tonnellate al giorno, contro le 300 richieste da un sistema a vapore di pari potenza. Altro fondamentale vantaggio fu la ridotta emissione di fumi rispetto a un piroscafo, evi-tando così la ricaduta della nera fuliggine sui ponti esterni, a pieno vantaggio dei passeggeri che vi soggiornavano abitualmente nelle giornate di bel tempo.

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5. “SUL MARE” VIAGGI DI LINEA E GRANDI CROCIERE

Pochi grand hotel sulla terraferma potevano vantare un’organizzazione alberghiera simile a quella di una grande nave di linea; nella classe di lusso si prestava il servizio misto “à table d’hôtel” e “à la grande carte” come in pochissimi alberghi di eccezione. Un menù del giorno di Saturnia e Vulcania sfoggiava dieci antipasti, sei potages e brodi, due qualità di pesci, sei piatti di carne, quattro verdure,un assortimento di quattordici varietà di carni al buffet freddo, quattro insalate, sei dolci (tra i quali almeno un gelato), sei tipi di formaggio e una vasta selezione di frutta di stagione acquistata nei porti d’imbarco. Dal grande vivaio di bordo aragoste e pesci venivano pescati vivi. Le occasioni conviviali di incontro con “i peccati di gola”, annunciate dal gong, scandivano la giornata degli ospiti: prima colazione, brodo e tramezzini serviti sui ponti a metà mattina, seconda colazione, tè pomeridiano con pasticcini consumato nei saloni, pranzo, buffet di mezzanotte e così via.Ad aumentare l’appetito e a smaltire le calorie di troppo ci pensavano i tanti giochi sportivi sui ponti all’aperto, gli esercizi nella palestra e il nuoto in piscina. Il resto della giornata passava tra una sosta dal fioraio, dal fotografo o nella bottega. Si poteva trascorrere una mezz’ora di lettura nella ricca biblioteca o dando uno sguardo al giornale stampato a bordo, con le notizie dal mondo appena giunte via radio. Charleston e Fox—trot, suonato dall’orchestra di bordo, era quasi d’obbligo a tutte le ore, in alternativa ai numerosi spettacoli cinematografici.Nel periodo tra le due guerre le abitudini dei passeggeri di classe si consolidarono a tal punto da inventare uno stile, una sorta di ben definito modus vivendi di bordo che prese il nome di “transatlanticstyle”. «Gli ospiti stavano a lungo sdraiati in piacevoli conversari su chaises—longues sistemate contro le pareti delle passeggiate. Se c’era un po’ di vento e faceva freschetto, c’erano a disposizione morbidi plaids di lana. Frotte di camerieri servivano a ritmi serrati e con molto garbo tè, caffè, cappuccini,brodi caldi, cioccolate, pasticcini, tartinette dolci e salate, soft drinks, aperitivi, tonici, amari, champagne (brut, sec, demi—sec) dal mattino al tardo pomeriggio».

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“TEMPI NUOVI” LA RICOSTRUZIONE DEGLI ANNI TRENTA

I grandi motori Burmeister & Wain concepiti alla metà degli anni Venti per Saturnia e Vulcania furono una delle novità di maggiore interesse nel panorama della propulsione navale mondiale.Si trattava ovviamente di motori sperimentali che, pur offrendo un notevole risparmio economico in termini di consumi, di personale e di spazio, invecchiarono rapidamente. Oltre a necessitare di ripetuti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, si erano logorati nell’arco di meno di un decennio tanto da causare a Saturnia e Vulcania la perdita di circa un nodo di velocità, che era comunque troppo bassa per le nuove esigenze di servizio.Nel 1934 venne deciso di rimotorizzare entrambe le unità e la commessa per i nuovi diesel si spartì tra la Fabbrica Macchine Sant’Andrea di Trieste e la Fiat Grandi Motori di Torino. Con oltre 19.000 cavalli di potenza ciascuno (2000 in più dei precedenti) i nuovi motori permisero di incrementare la velocità di servizio da 18 a 21 nodi. Anche la resistenza al moto della carena venne sensibilmente ridotta grazie all’installazione di una nuova prora a bulbo. La Vulcania fu la prima a tornare al cantiere di Monfalcone per i lavori, tra il maggio e il dicembre 1935, seguita dalla gemella tra il gennaio e l’agosto dell’anno successivo.L’occasione fu propizia per un rimaneggiamento totale degli spazi alberghieri, che comportarono anche l’allungamento delle sovrastrutture verso poppa e l’aggiunta di un lido esterno con piscina.Il salone delle feste dei Coppedé venne totalmente ricostruito in chiave contemporanea su progetto dell’architetto triestino Gustavo Pulitzer Finali, mentre gli altri ambienti di prima classe rimasero pressoché inalterati. Le ristrutturazioni più importanti furono nelle classe minori, dove la seconda classe e la seconda classe economica furono accorpate, l’area emigranti eliminata e, soprattutto, venne creata una magnifica classe turistica, pensata principalmente per attirare il pubblico americano e da adoperarsi sempre più spesso per le crociere.

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“LA GUERRA” TRANSATLANTICI IN DIVISA

Nel 1935 Saturnia e Vulcania presero parte al piano di invasione dell’Abissinia, traghettando migliaia di soldati e di coloni in Somalia ed Eritrea. Fu un’anteprima di quanto le due motonavi avrebbero sperimentato nei difficili anni della Seconda Guerra Mondiale. Allo scoppio delle ostilità, nel settembre 1939, l’Italia rimase neutrale e i suoi transatlantici rima-sero tra i pochissimi a collegare l’Europa alle Americhe. Migliaia di cittadini americani sorpresi dal conflitto e di ebrei in fuga dalla Germania nazista raggiungevano i porti italiani per prendere imbarco verso la salvezza.Con un grande tricolore simbolo di neutralità dipinto sulle fiancate, anche Saturnia e Vulcania continuarono i loro viaggi di linea verso New York, sebbene fossero continuamente bloccate dai mezzi delle marine inglesi e francesi in cerca di carichi da confiscare e di cittadini tedeschi in età militare da arrestare. A bordo delle navi italiane le leggi razziali non furono mai applicate; anzi,dall’inizio del conflitto si reclutarono rabbini e cuochi kosher perché la ricca e importante clientela ebraica trovasse a bordo la migliore accoglienza.Tra l’aprile 1942 e l’agosto 1943 Saturnia e Vulcania presero parte alle missioni di rimpatrio dalle ex colonie italiane in Africa Orientale di circa 30.000 profughi civili. Dopo l’Armistizio del settembre 1943, la Saturnia fuggì da Trieste per consegnarsi in mani alleate, operando quindi come trasporto truppe tra New York e l’Europa; dal giugno 1945, sotto bandiera americana e con il nuovo nome di Frances Y. Slanger, divenne la più grande nave ospedale della storia, riportando negli Stati Uniti i feriti del fronte europeo e del Pacifico. Con l’Armistizio, la Vulcania cadde invece in mani naziste e fu messa in disarmo a Venezia in seguito ai lievi danni subiti durante un bombardamento. Dal settembre 1945 venne impiegata, in coppia con la gemella, per il rimpatrio dei soldati nord americani e delle mogli e dei figli di guerra.Il 15 novembre 1946 Saturnia e Vulcania furono formalmente restituite al governo italiano.

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“REGINE DELL’ATLANTICO” IL RITORNO AL SERVIZIO CIVILE

Il 20 gennaio 1947 la Saturnia riaprì fra grandi festeggiamenti il servizio di linea tra Genova, Napoli e New York. La Vulcania invece compì dapprima due viaggi per conto del governo italiano nelle ex colonie dell’Africa Orientale per rimpatriare 10.000 prigionieri di guerra, dopodiché fu rimodernata presso le Officine Allestimento e Riparazione Navi del capoluogo ligure sotto la direzione dell’architetto milanese Antonio Cassi Ramelli. Il 15 luglio 1947 anche la Vulcania riprese servizio da Genova, ma il suo primo viaggio transatlantico del dopoguerra terminò in America Latina, prima di ricongiungersi, con la partenza da Genova del seguente 4 settembre, con la Saturnia sulla rotta del Nord America.Le due navi, dopo un ventennio di intenso servizio in pace e in guerra, tornarono finalmente a essere le regine italiane sulla più prestigiosa delle rotte e tali rimasero fino al 1953, quando entrò in servizio il nuovo transatlantico Andrea Doria, seguito un anno più tardi dal gemello Cristoforo Colombo. Conseguentemente all’entrata in servizio di questi ultimi e all’annessione di Trieste alla Re-pubblica italiana (ottobre 1954), la società Italia decise di ripristinare il servizio di linea tra il capoluogo giuliano e New York. Il ritorno della Vulcania a Trieste il 20 ottobre 1955 e della Saturnia il successivo 2 novembre furono occasioni di straordinario giubilo per i triestini che si accalcarono sulle rive, sulla piazza dell’Unità d’Italia, su finestre e balconi dei palazzi affacciati sul golfo e persinosulle alture circostanti.La Saturniagiunse a Trieste per l’ultima volta il 10 aprile 1965 e la Vulcania il successivo 7 maggio,dopodiché vennero poste in disarmo l’una accanto all’altra presso la banchina dello scalo legnami.Il 30 settembre, al traino del rimorchiatore Vortice, la Saturnia compì il suo ultimo viaggio verso un cantiere di demolizione di La Spezia. La Vulcania venne invece acquistata dalla Siosa Line dei fratelli Grimaldi di Napoli e trasformata nella nave da crociera Caribia. Avrebbe continuato a navigare,soprattutto in Mediterraneo, fino al 1972 e, due anni più tardi, venne smantellata a Taiwan.

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“UN TUFFO NEL PASSATO” SATURNIA E VULCANIA CAPSULE DEL TEMPO

Saturnia e Vulcania furono gli unici transatlantici degli anni Venti a sopravvivere indenni alla Seconda Guerra Mondiale; molti dei loro saloni rimasero virtualmente inalterati da quando avevano preso servizio fino al disarmo. Per questo, anche negli anni Cinquanta e Sessanta, furono le beniamine di una clientela nostalgica, soprattutto statunitense; per i passeggeri del dopoguerra compire una traversata a bordo delle due motonavi era come fare un tuffo nel passato, come viaggiare all’interno di una capsula del tempo. Piansero in molti quando Saturnia e Vulcania salparono per il loro ultimo viaggio, a Trieste, a Palermo, a Napoli, a New York... Il 22 aprile 1965 Werner Bamberger firmò sul “The New York Times” un commosso commiato a nome di tutti i cittadini della metropoli americana. «Ieri NewYork ha dato l’addio per la seconda volta in un mese a una grande vecchia signora dell’Atlantico[alla Saturnia era toccato il 25 marzo]. Due lance dei pompieri hanno scortato la Vulcania dal suo ormeggio di West 50th Street fin sotto la Statua della Libertà, rendendole omaggio con alti getti d’acqua. È stato un momento di grande commozione vedere il transatlantico lasciare per l’ultima volta il molo 90 con 662 passeggeri. Poco prima della partenza, il comandante Silvano Crescianiha detto alla stampa: “Oggi è il mio compleanno, ma è anche il giorno più triste della mia vita”.«Nel pranzo di commiato tenutosi a bordo martedì scorso, il direttore generale della Italian Linea New York, Antonio Premuda, ha dichiarato che il disarmo delle due vecchie navi segna la fine di un’era. “I nuovi tempi richiedono nuove navi”, ha detto nell’affascinante salone da pranzo rivestito di boiserie d’epoca, che per molti dei presenti era tutto tranne che inadeguato ai nuovi tempi».Tra i passeggeri, presero parte agli ultimi viaggi coloro che custodivano ricordi personali molto struggenti legati ai due vecchi e gloriosi transatlantici; soldati condotti a casa dopo le atrocità del conflitto, mogli di guerra ed emigranti che si erano imbarcati per dare corso a una nuova vita, ospiti affezionati di tanti viaggi precedenti, inclusi alcuni dei partecipanti alle traversate inaugurali.

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Brochure Saturnia e Vulcania 

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